Sicurezza Notizie

GIURISPRUDENZA

23/10/2023

Responsabile di omicidio colposo anche il RLS

La Corte di Cassazione Penale, Sez. 4, con sentenza numero 38914 del 25 settembre 2023, ha rigettato i ricorsi del Datore di Lavoro e del RLS I perché “sono infondati”. Il fatto accaduto: per incidente sul lavoro ha perso la vita un lavoratore investito mortalmente da un carico di tubi in acciaio; era stato assunto come impiegato, ma di fatto svolgeva la mansione di magazziniere e non aveva l’abilitazione alla guida del carrello elevatore. La Corte di appello di Bari aveva già confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani nei confronti del DL e del RLS, ritenuti colpevoli del reato di omicidio colposo, conseguente alla violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Al RLS è stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale di cui sopra, attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’aver omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui il lavoratore deceduto) per l’uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del lavoratore deceduto, del carrello elevatore. Il ricorso del RLS è affidato a tre motivi. Con il primo motivo, si deduce violazione di legge in relazione alle funzioni del Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza che, al momento del fatto ((Omissis)), dovevano ritenersi di mera collaborazione, difettando un’espressa posizione di garanzia in capo all’imputato. Al responsabile dei lavoratori non spettano funzioni di valutazione dei rischi, di adozione di opportune misure per prevenirli e nemmeno quella di formazione dei lavoratori, funzioni di mero appannaggio del datore di lavoro. Né gli spetta un’attività di controllo e di sorveglianza. Si tratta di un ruolo di mera “consultazione”, che si traduce essenzialmente nella possibilità di esprimere un parere preventivo di cui il datore di lavoro può anche non tenere conto. Il rappresentante della sicurezza dei lavoratori non ha poteri decisionali e, di conseguenza, non sono previste, a suo carico, sanzioni amministrative e/o penali. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 40, cpv., c.p., poiché, in ragione di quanto sopra, l’imputato non poteva dirsi investito dell’obbligo giuridico di impedire l’evento. Con il terzo motivo, si deduce violazione art. 40, comma 1, c.p. in riferimento alla ascritta condotta omissiva e al giudizio controfattuale. La Corte di appello non tiene in considerazione i principi giurisprudenziali in tema di reato omissivo o commissivo mediante omissioni. Se anche lo B.B. avesse comunicato al datore di lavoro quanto si assume fosse a sua conoscenza ossia le modalità di prestazione dell’attività lavorativa del C.C. – è altamente probabile che detta comunicazione non avrebbe avuto alcun riverbero sulle decisioni aziendali, stanti la mancanza di potere in capo all’imputato e la piena conoscenza dell’attività posta in essere dall’infortunato da parte del datore di lavoro. Si legge nella sentenza: “Quanto al ricorso del RLS I tre motivi dallo stesso sollevati si riducono in sostanza al primo, ossia alla dedotta assenza di una posizione di garanzia in capo allo stesso e di un qualsivoglia potere in grado di incidere sulle decisioni del datore di lavoro”. La sentenza prosegue: “Si tratta, tuttavia, di assunti infondati. Come è noto, l’art. 50 D. Lgs. n. 81 del 2008, che ne disciplina le funzioni e i compiti, attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ciò detto, è bene precisare che, nel caso di specie, viene in rilievo non se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. c.p.) – ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 c.p. E, sotto questo profilo, la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa del RLS nel delitto di cui trattasi. Richiamati i compiti attribuiti dall’art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, ha osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il lavoratore deceduto fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal RSPP. Del tutto congetturale e comunque inconferente si appalesa il terzo motivo di ricorso.”.

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